giovedì 20 giugno 2013

L'amica ritrovata


L'ho incontrata per caso. 

Potevo immaginare che sarebbe potuto succedere, in fondo ero nella citta' dove ha sempre vissuto, ma e' stato comunque in qualche modo inaspettato ritrovarla ancora li.

L'ho incontrata per caso, nella citta' dove ha sempre vissuto. Una ragazza con cui ho sempre avuto  molto in comune ma che il destino ha voluto allontanare da me.

L' incontro e' avvenuto a Milano durante una due giorni di fuga e ritrovo. Mentre ero in treno mi dicevo: "Chissa' se la incontrerò, magari sta viaggiando anche lei sullo stesso vagone". Scacciavo il pensiero rincuorandomi che sarebbe stata una coincidenza davvero troppo straordinaria. L'idea fece di nuovo capolino testardamente nei miei pensieri una volta scesa, ma e' stato questione di un attimo per poi sfumarsi e perdersi definitivamente davanti a tutte le novita' con cui mi ha accolto Stazione Centrale. Mi sentivo così distratta e disorientata che credevo non mi sarei comunque piu' ricordata il suo nome anche se mi si fosse capitata davanti. Credevo.

Poi piano piano le cose si sono evolute o, per essere piu' precisi, involute. I miei occhi e la mia mente hanno cominciato a riconoscere quei luoghi com' erano sempre stati, fino ad ambientarsi (quasi) definitivamente. Milano era sempre la mia Milano anche con tutti quei negozi e bar nuovi in stazione e quei viali risanati e rifioriti. 

Fu così che avvenne lo straordinario di cui avevo appena dubitato. Fu cosi' che la ritrovai.  

Ritrovai prima il suo nome nella mia memoria e poi finalmente la vidi. L'istinto avrebbe voluto chiamarla, fermarla, abbracciarla, dirle che ero tornata e che era stupendo che il mio inconscio desiderio di incontrarla si fosse esaudito. Invece me ne stetti ferma e zitta. Decisi che sarebbe stato piu' cauto semplicemente seguirla e guardarla a distanza. Almeno per il momento. 

Camminava a passo spedito tagliando Parco Sempione. Evidentemente quel giorno non era riuscita a prendere l'autobus che da Cadorna la portava in Via Pagano e aveva optato per andare a piedi. Come mi era familiare quel tragitto immerso nel verde, la sensazione di ottimismo creativo nel passare di fianco alla Triennale e i passi polverosi del trascinare i sassolini dello sterrato che serpeggia il parco! 

Su una spalla portava una borsa nera La Chapelle ancora nuova e delle ballerine beige ai piedi. Vestita da ufficio ma non troppo formale, i capelli castani erano tirati su da varie mollette ma apparivano comunque disordinati. Sul viso pochissimo trucco. 

Seguirla mi divertiva e decisi di continuare a camminare nascosta dalla sua stessa ombra. Insieme siamo entrate in quel ufficio che era stato anche il mio cinque anni prima. Lei ignara della mia presenza, io divertita dalla insolita situazione. Insieme salutammo vecchi e nuovi colleghi, insieme bevemmo un caffe' alle macchinette e insieme curiosammo tra le pagine dei nuovi look book. Cosi' per un po' finche' lei si immerse nel suo lavoro e io decisi di uscire e lasciarla tranquilla. Sapevo bene dove sarebbe andata dopo l'ufficio per cui rimandai senza troppo problemi il nostro incontro all'ora dell'aperitivo. 

Camminando verso il Duomo i miei pensieri volavano ora verso il passato ora verso il futuro. Vedevo la Milano che era stata e allo stesso tempo immaginavo la Milano che sara' quando (eventualmente) ci tornero' a vivere. Fantasticavo su questi e altri pensieri quando si fecero le sette. Ora canonica per il pre-cena Milanese.  Mi avviai verso il locale dove sapevo che l'avrei trovata e li' l'aspettai. Non arrivo' puntuale come credevo e così, ormai triste per aver perso la mia occasione, fu lei a trovare me. Nessun abbraccio, nessun saluto eccessivo come avevo immaginato, solo uno sguardo. Intenso ma immobile. Mentre pensavo (con invidia) a come tutto in lei esprimesse pura spensieratezza notai che avevamo le stesse scarpe e la stessa borsa. Unica differenza: le mie erano cinque anni piu' vecchie. Con quelle scarpe e quella borsa io ero andata da Milano alla Malesia, da Singapore a Londra e ora pure a Mosca. Lei le aveva utilizzate solo a Milano. Continuammo in quel silenzio per un bel po' finche' me ne feci l'abitudine. Nemmeno quando arrivarono degli amici senti' il bisogno di romperlo. Non so cosa possono aver pensato loro mentre ci vedevano li insieme cosi uguali e diverse, vicine senza dirigerci la parola. Ad un certo punto pensai perfino che fosse invisibile ai loro occhi. Quando arrivo' l'ora di cena la guardai ancora una volta per salutarla e con lo sguardo la ringraziai perche', anche se in silenzio, era riuscita a trasmettermi tanti e meravigliosi ricordi. Ricordi di quelli che spesso lasciamo abbandonati in giro per le citta' dove abbiamo vissuto.

Lasciai il locale con un' insolita sensazione addosso. Mentre abbracciavo Alessandro che era arrivato per portarmi al ristorante, mi guardavo intorno e, oltre alla catartica liberta' del momento (noi due soli a Milano di nuovo, cinque anni dopo), sentivo una strana presenza. Quando ormai mi ero convinta che fosse frutto della mia immaginazione eccola spuntare di nuovo! Anche lei era allo stesso ristorante. Indossavamo sempre le stesse scarpe, sulla sedia la stessa borsa, sedevamo nella stessa posizione (con la schiena un po' storta) ed eravamo entrambe di fronte ad un uomo. Il suo cinque anni piu' giovane, il mio cinque anni piu' maturo.

Nemmeno li' ci parlammo ma continuammo quell'intenso gioco di sguardi che fece crescere la complicità' in maniera esponenziale per poi comunicare a nostri cuori che ora che ci eravamo ritrovate non ci saremmo mai piu' abbandonate. Ci fu una promessa quella sera. Io le avrei raccontato un po' piu' spesso delle mie avventure in giro per il mondo e lei in cambio avrebbe custodito per me tutti quei preziosi ricordi per poi donarmeli di tanto in tanto nel momento del bisogno. Sempre in silenzio, sempre a distanza.

Nel frattempo sono tornata a Mosca ma la citta' mi sembra piu' accogliente del solito. Oltre all'estate sento nell'aria la presenza di un'amica che mi guarda, in silenzio.






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